c’era una volta l’ipertesto

08Mar11

Il mio lavoro con la scrittura on line inizia alla fine degli anni ’90, periodo in cui, con Samuel Zarbock, progetto e implemento la BLI, ovvero la Biblioteca di letteratura impubblicabile. In quella sede, cercavamo di definire le caratteristiche strutturali degli ipertesti, di cui tanto si parlava all’epoca, e ne producevamo alcuni, in grado di esemplificare le nostre intuizioni. L’impubblicabilità a cui si riferiva il titolo del sito (eh sì, ai tempi si facevano ancora i siti…) riconosceva l’impossibilità di spostare certa produzione su carta, accennava alla strana condizione né pubblica né privata che ha la produzione on line e, già che c’era, introduceva una nota polemica su un tema che già allora sentivo, ovvero la normalizzazione della proposta editoriale – e quindi sulla gran massa di scrittura “impubblicabile” che ci si trovava a produrre.

Ieri, Samuel ha messo on line una specie di schema riassuntivo delle diverse tipologie di strutture ipertestuali su cui avevamo ragionato ai tempi. Lo potete trovare qui:

http://sicapisce.wordpress.com/2011/03/07/le-retoriche-dell-ipertesto/

L’articolo parte da uno dei concetti che ci sembrava e ci sembra ancora cruciale, rispetto ad ogni ragionamento sugli ipertesti, ovvero che l’ipertesto è un testo che genera la propria interfaccia solo nel processo di interazione con il proprio fuitore.

A differenza di un libro, per esempio, che è un’interfaccia fissa ad un testo, l’ipertesto si realizza ogni volta che viene attivato dal fuitore, indicizzando la propria singola istanza al singolo momento della lettura. Questa caratteristica ha dato luogo a modalità testuali specifiche (la più famosa delle quali è sicuramente l’ipertestualità come proliferazione di trame concorrenti ed eventualmente non sequenziali, declinata in forza della  multidimensionalità narrativa che la generazione successiva delle interfacce permette) e si basa su un’altra caratteristica, ovvero la separatezza dei suoi elementi (il testo, eventualmente i suoi brani, i capitoli, i titoli e poi il layout, i caratteri, etc., etc.) che non si muovono in blocco come nel caso di un documento fisico ma appunto, grazie all’attivazione da parte del fruitore, vengono riuniti nelle istanze necessarie.

In un ipertesto viene dunque meno anche il concetto di “unicità” del testo: non esiste un testo unico ma, per così dire, una nube potenziale di versioni, di istanze, più o meno diverse o magari identiche ma sempre autonome. Nessuna di esse, in effetti, è più vera delle altre; nessuna è quella “giusta”, l'”originale”.

Qui mi fermo e vi rimando all’articolo di Samuel.



4 Responses to “c’era una volta l’ipertesto”

  1. 1 eliaspallanzani

    Salve! Era il 2003 e nella BLI c’era anche un pezzo di Elia Spallanzani, “Trittico Circolare”. Il vecchio sito però non funziona più. E’ ancora possibile reperire la BLI da qualche parte?
    Saluti dalla Fondazione.

  2. la bli non è più su questo piano spazio-temporale da parecchio. ne rimane solo il ricordo, insieme a quello di e.s. e del suo tritttico ;-)

  3. Great reading your blogg post


  1. 1 sugli ipertesti BGMOLE « letture della diaria

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